L’archivio Nicolini è stato donato nel 1985 da Benedetto Nicolini e Franca Di Marzio Nicolini all’Istituto, insieme con la biblioteca, della quale fino ad allora costituiva parte integrante. Ne faceva parte, non solo perché fisicamente annesso ad essa, custodito, cioè, nelle medesime librerie, ma anche perché molti mss. di Fausto Nicolini erano stati rilegati e catalogati tra i libri di argomento simile, con le medesime segnature della biblioteca. Successivamente, nella sede di Palazzo Filomarino l’intero archivio familiare è stato ricomposto, consentendo così alla Sovrintendenza archivistica della Campania di notificare all’Istituto il vincolo di interesse storico il 13 maggio del 2004.
La storia materiale della documentazione ha condizionato i lavori archivistici. Quando tra il 1997 e il 1999 l’intero archivio era stato riordinato, raccolto in 155 buste e inventariato analiticamente, si è aggiunta ulteriore documentazione, che era rimasta ignorata nella biblioteca di Benedetto Nicolini. Successivamente da altri eredi ci è pevenuta la documentazione custodita nella casa di Santa Maria Capua Vetere della famiglia Nicolini. A tutt’oggi, per tanto, sono stati integrati e ordinati i carteggi delle varie serie e si sta procedendo alla schedatura delle carte di lavoro: in tal modo le unità archivistiche costituite ascendono già al numero di 187, ma, con molta probabilità, al termine del lavoro di riordinamento, l’intero archivio sarà costituito da 200 buste.
Ciò che comunemente intendiamo per archivio Nicolini è in realtà la somma degli archivi personali dei vari esponenti, più o meno illustri, della famiglia Nicolini; la stessa ripartizione in serie documentarie riflette questa realtà: le 12 serie costituite corrispondono a 12 diversi personaggi, componenti della famiglia, produttori di atti. Ogni singola serie, o, meglio, archivio personale, è articolata a sua volta in due sottoserie, il carteggio e le carte di lavoro.
L’importanza storiografica dell’archivio è data proprio dall’ingente corpus di corrispondenza qui raccolta, testimonianza della fitta rete di relazioni dei Nicolini, certo, ma anche specchio di una civiltà intellettuale perduta. Meno interessanti sono complessivamente le carte di lavoro – per lo più molteplici versioni (manoscritte, dattiloscritte e in bozza di stampa) degli scritti poi pubblicati, forse utili per chi voglia indugiare sulle varianti testuali, ma del tutto ininfluenti per lo studio delle opere e dell’attività dei vari Nicolini. Tuttavia, un certo rilievo hanno le schede e le trascrizioni di atti provenienti da fondi archivistici oggi non più esistenti.
La serie principale è certamente quella di Fausto Nicolini (1879-1965), non solo per la sua biografia, ma per l’imponenza della documentazione raccolta. Il suo carteggio è stato ordinato in 2436 fascicoli e raccolto in 54 buste; copre un arco cronologico che va dal 1892 al 1965 e in esso, oltre alla corrispondenza dei vari mittenti, si possono trovare pure minute dello stesso Fausto e lettere di terzi, evidentemente inoltrate al Nostro, oltre a vario materiale documentario allegato alla corrispondenza stessa. Sarebbe impossibile fornire qui un elenco dettagliato dei corrispondenti; vale la pena segnalare con maggiore evidenza il carteggio con Giovanni Laterza, che integra per i medesimi anni quello dello stesso editore con Benedetto Croce, e quello con Giovanni Gentile, con il quale Nicolini mantenne rapporti costanti anche dopo la rottura di questi con Croce. Quanto poi all’imponente corrispondenza con Benedetto Croce, essa fu stralciata dallo stesso Nicolini nel 1952, donata alla vedova di questi Adele Rossi Croce e custodita oggi nell’archivio della fondazione «Biblioteca Benedetto Croce». Emerge in tal modo una rete di relazioni che spazia da studiosi di diversa estrazione intellettuale, a giornalisti, agli archivisti, suoi diretti colleghi di lavoro, ai suoi editori.
L’ampiezza di questi rapporti epistolari basta da sola a darci un’idea della sua multiforme attività di studioso ed erudito. Tale è stato, infatti, Fausto Nicolini, che ha finito coll’identificarsi con quegli autori del XVIII secolo con i quali ha ‘dialogato’ tutta una vita: Vico, Giannone, i due Galiani e tanti altri. Come ha rilevato Raffaele Mattioli è stata proprio questa la cifra dello studioso: la sua vena di infaticabile erudito, del tutto aliena da ogni pedanteria, ricondotta a uno spirito per così dire illuminista, temperato dalla disciplina e dal rigore degli studi, a cui lo aveva educato Benedetto Croce fin dal 1903, l’anno del loro incontro. Fu infatti lo stesso Croce, del quale Nicolini sarà nel 1962 il primo biografo, a indurlo a dedicarsi agli studi eruditi e filologici, abbandonando il sogno giovanile di diventare direttore d’orchestra; fu così, allora, che iniziò a studiare le carte dei Galiani, che la famiglia Nicolini possedeva fin dal 1806. Venne fuori tutto il suo infinito amore per le carte d’età moderna e la sua indomita attitudine di erudito, contraddistinta sempre da una levità ed eleganza del tratto, propri del musicista. Centrale nei suoi interessi la passione per la biografia, che dipendeva strettamente dalla sua propensione per la concretezza, per la vita e la complessità delle manifestazioni di essa, per le relazioni umane e la fitta trama di esse. La storia è stata per lui potente rievocazione del passato, sempre colto nella sua fisicità e molteplicità, in un fluido divenire, del quale riusciva a esprimere tutta la musicalità: proprio questo atteggiamento, oltre alla sua arguzia e al suo gusto pittorico, gli ha consentito sempre di elevarsi dal puro, freddo e pedante accumulo di dati e riscattare il bruto materiale erudito, collocandolo nei processi storici più vasti.
La sua stessa prosa, piena di vezzi antiquari, certo, ha toni fortemente rievocativi: sopra tutto, in quelle note dove fa rivivere un ambiente, un evento, una strada partenopea con la sua brulicante umanità, e penso a tal proposito proprio agli Aspetti della vita italo-spagnuola nel Cinque e Seicento del 1934. E ciò va osservato fin dai primi passi mossi nel 1903: dei Galiani studiò principalmente la corrispondenza, allargando gradualmente la visuale ai contemporanei e all’ambiente intellettuale che frequentavano. Di Giambattista Vico fu l’editore della Scienza nuova e dell’autobiografia. Riuscì a far rivivere gli ambienti che frequentava il filosofo con l’esemplare lavoro sugli Uomini di spada, di Chiesa, di toga, di studio ai tempi di G. Vico del 1942, dove, procedendo per medaglioni biografici, ricostruì la storia di un’intera generazione di intellettuali napolitani, fino a quel monumento di erudizione che è il Commento storico alla seconda Scienza nuova del 1949, che completa e integra la Bibliografia vichiana del 1948, per non tacere della raccolta di Saggi vichiani del 1955 o del postumo Vico storico del 1967. Dobbiamo aggiungere, ovviamente, Giannone e tanti altri personaggi, studiati allo stesso modo, dalla biografia al milieu intellettuale, che incontriamo sfogliando la sua imponente bibliografia: 530 titoli, escludendo gli articoli di quotidiani e settimanali.
Lo stesso metodo di lavoro contraddistinse le edizioni delle fonti che veniva scoprendo, dalla lettera di Summonte a Michiel, alle infinite notizie tratte dai giornali copiapolizze dei banchi napolitani. Riusciva sempre, partendo dal particolare più minuto o da un accenno biografico di un qualsiasi personaggio citato, a ricostruire un contesto culturale, un’età in maniera globale. D’altra parte, oltre che a Croce, era saldamente legato alla migliore tradizione erudita napolitana, coagulatasi intorno all’Archivio di Stato di Napoli, alla Società napoletana di storia patria e alle Accademie cittadine, alla scuola storica positivista, ma che Fausto Nicolini rinnova e vivifica in maniera inimitabile.
Proprio ricordando le sue fatiche editoriali, va citata la direzione con Croce della laterziana «Scrittori d’Italia», che nel 1910 gli venne interamente affidata; grazie a lui e al suo meticoloso lavoro apparvero fino allo scoppio della Grande guerra, in soli quattro anni, i primi cinquanta volumi della collana. È stato questo un onere che lo impegnò fino al 1924; e molte di queste edizioni (ben trenta volumi) furono da lui stesso approntate, oltre a quella vichiana, già ricordata, quelle delle opere di Pietro Aretino, Cesare Balbo, Vincenzo Cuoco, Lorenzo Da Ponte, Ferdinando Galiani, Vincenzo Gioberti, Giambattista Marino, Pietro Metastasio. Queste stesse edizioni sono state successivamente assai criticate; tuttavia, va detto che è stato Fausto Nicolini a fornirci la prima edizione contemporanea di tanti autori italiani moderni, fino ad allora dimenticati, e che per molti di essi le successive edizioni hanno portato solo novità formali e stilistiche, mentre tutt’oggi ineguagliate sono le note storiche del Nicolini ai testi editi.
L’amicizia con Giovanni Gentile lo indusse a sostenere il progetto e la redazione dell’Enciclopedia italiana, scrivendo all’incirca un centinaio di voci tra il 1925 e il 1935, a cui vanno aggiunte le dodicimila schede di meridionali illustri compilate da lui, su un totale di venticinquemila spedite da Napoli, per il Dizionario biografico degli italiani, che è stato poi avviato alle stampe solo negli anni Sessanta, ma che sulla sua schedatura ancor oggi si fonda per le biografie meridionali, settore del quale aveva la responsabilità.
La sua opera di repertoriatore ha avuto anche sbocchi editoriali: penso al Saggio d’un repertorio bibliografico di scrittori nati o vissuti nell’antico regno di Napoli (Napoli 1966), che realizzò ottuagenario tra il 1962 e il 1964, avendolo già delineato nel 1958; dove si limitò, però, alla sola lettera prima lettera dell’alfabeto, pur avendo previsto un migliaio di voci fino all’ultima. Un saggio, certo, che avrebbe dovuto essere di esempio per il lavoro ancora da farsi di un completo repertorio degli autori regnicoli, che Nicolini aveva in animo di portare a termine, sia pure procedendo in maniera non sistematica, se non fosse che la voce dedicata a Benedetto Croce gli prese a tal punto la mano da diventare da sola prima L’editio ne varietur delle opere di Benedetto Croce del 1960 e poi la più completa biografia del filosofo del 1962 apparsa per i tipi della UTET.
Infinite sono state le note e i saggi apparsi sulle numerose riviste alle quali collaborava e vale la pena di ricordare qui solo i 21 volumi del «Bollettino» dell’Archivio storico del Banco di Napoli, da lui diretto e quasi per intero scritto. Se, dunque, all’attività di studioso aggiungiamo quella professionale, archivista di Stato nel 1903, nel 1915 direttore dell’Archivio di Stato di Siena, nel ’18 assunse la direzione di quello di Venezia, ricostruendolo interamente, dal momento che si trovava allora ancora disperso in vari rifugi per sottrarlo al pericolo di una temuta occupazione austriaca della città dopo Caporetto, dal 1922 al 1947 fu ispettore generale e dal 1949 alla morte direttore dell’Archivio storico del Banco di Napoli, comprendiamo bene l’intensità e la vastità delle sue relazioni epistolari.
Oltre che nel carteggio la sua poliedrica attività si rispecchia anche nella sottoserie costituita dalle sue carte di lavoro. Questa parte del suo archivio personale, già riordinata e inventariata, è costituita da 268 fascicoli, raccolti in 46 buste: troviamo qui trascrizioni di manoscritti, schede di biblioteca, appunti vari, nonché le varie redazioni (manoscritte e in bozze di stampa) dei suoi scritti principali.
Delle altre serie che compongono l’archivio, non ancora completamente riordinate e inventariate, vale qui la pena di ricordare quelle più cospicue, rappresentate dalle carte di Nicola (1905-1975) e Benedetto (1910-1987), figli di Fausto, nonché dell’avo Niccola (1772-1857), insigne giurista e magistrato borbonico.
Dei due figli di Fausto probabilmente Nicola è stato, e certamente per ragioni anagrafiche, quello più vicino agli studi paterni. Vincitore di concorso nel 1929 della cattedra di Storia e filosofia da allora è stato fino alla pensione un insigne docente di Liceo. Nel 1936 libero docente di Storia medioevale e moderna, ha effettivamente insegnato Storia moderna, oltre a Storia bizantina e dell’Oriente europeo, dal 1938 al 1946 presso l’Istituto universitario orientale di Napoli; presso il medesimo Istituto ebbe pure un distacco tra il 1941 e il ’44, durante il quale, nel periodo peggiore del secondo conflitto mondiale, diresse la Biblioteca «Matteo Ripa», incrementandone i fondi librai e riordinando l’annesso archivio dell’Istituto, ma sopra tutto curando nel ’43 il salvataggio della Biblioteca, che fu trasferita a Sarno, e il rientro di essa in sede. Fu proprio il padre a indirizzarlo nei suoi studi, e fin dalla tesi di laurea del 1927 (pubblicata il medesimo anno con il titolo Il consolato generale veneto nel Regno di Napoli (1257-1495), «Archivio storico per le province napoletane», LII, pp. 59-135), suggerendo gli argomenti di lavoro, primo fra tutti quello sulle relazioni veneto-napolitane in età angioina (a integrazione degli studi paterni sul consolato veneto a Napoli d’età moderna), che culminò con la pubblicazione del Codice diplomatico sui rapporti veneto-napoletani durante il regno di Carlo I d’Angiò. L’opera, costituita da atti raccolti negli Archivi di Stato di Napoli e Venezia, apparve nel 1965 nella serie dei «Regesta chartarum» pubblicati dall’Istituto storico italiano per il Medio Evo ed ebbe una gestazione assai travagliata: in bozze già nel 1942, la stampa del volume fu sospesa a causa del conflitto bellico prima e del fallimento della tipografia dopo; il fortunoso ritrovamento in un magazzino dei sedicesimi stampati consentì a Nicola Nicolini di riprendere in mano il lavoro, ma, intanto, nel 1943 erano andati bruciati tutti i registri della cancelleria del Regno di età angioina custoditi nell’Archivio di Stato di Napoli, e al curatore non rimasero che i suoi appunti e le sue trascrizioni per concludere l’opera, senza il conforto del materiale d’archivio originale. In tal modo si giunse al 1965 per la pubblicazione del volume, limitato, di necessità, al regno di Carlo I d’Angiò, per l’esattezza agli anni dal 1267 al 1278, mentre il disegno originario dell’opera, in più tomi, avrebbe dovuto comprendere interamente i regni dei due primi sovrani di casa d’Angiò.
Contemporaneamente veniva pubblicando i giornali del Confuorto, apparsi nel 1930, e si appassionava alle vicende della causa dei rei di Stato del 1794, studiando i precedenti e le conseguenze di quel noto processo politico in molti saggi, che avevano a fondamento i notamenti dei rei di Stato dell’Archivio di Stato di Napoli, oggi perduti. Al pari degli interessi storiografici, che non vanno qui taciuti, i quali culminarono nella raccolta di saggi del 1973 Croce, Gentile e altri studi stampata dalla Sansoni. Questa attività scientifica si riflette, ovviamente, nel suo archivio personale: nel carteggio (tra i vari corrispondenti i nuclei di lettere più consistenti concernono, oltre al padre e al fratello Benedetto, Giuseppe Ceci, Giorgio E. Ferrari, Benedetto e Federico Gentile, Walter Maturi, Ernesto Sestan, ma, sopra tutto, Giovanni Gentile), con un arco cronologico che va dal 1915 al 1976, ma ancor più nelle carte di lavoro. In questa sottoserie non ci sono solo le prime stesure dei suoi studi, ma corposi schedari, come quelli veneziani, sistematica schedatura a partire dall’anno 537 di fonti edite e inedite, nonché di letteratura corrente sulla storia di Venezia, oppure le trascrizioni o regesti di documentazione oggi perduta dell’Archivio di Stato di Napoli. Tuttavia, Nicola Nicolini è stato pure un fine critico musicale, ha seguito a suo tempo molti avvenimenti per la stampa quotidiana della città e di ciò resta traccia in uno «Schedario musicale» di grande interesse, diviso nei due rami di «Autori» ed «Esecutori», nel quale sono recensite tutte le manifestazioni musicali di Napoli dagli anni Quaranta ai Settanta. Del suo archivio personale è stata riordinata e inventariata la sola serie del carteggio, costituita da 291 fascicoli, raccolti in tre buste; mentre attualmente si stanno riordinando le carte di lavoro
Benedetto, archivista di Stato, direttore dell’Archivio di Stato di Bologna, docente di Storia della Chiesa dell’ateneo di quella città – ma sopra tutto accanito collezionista di libri ed esperto bibliofilo, come dimostra la sua principale impresa scientifica, la biblioteca – ha forse l’archivio di minore consistenza per quel che concerne le carte di lavoro, limitate a trascrizioni e appunti raccolti per i suoi studi sui riformati italiani e in particolare su Bernardo Ochino, ma di un certo rilievo è l’epistolario. Il carteggio, costituito da 845 fascicoli, è raccolto in 14 buste e va dal 1928 al 1986; esso concerne principalmente gli archivisti italiani della generazione di Benedetto Nicolini, ma anche storici illustri, da Brezzi a Cantimori, dalla Fasoli a Firpo, Fubini, Pettazzoni, Pontieri, Sestan, Spini e Zerbi.
Altre sierie concernono personaggi minori della famiglia, ma un’ultima notazione va fatta sugli archivi degli antenati, tra i quali il più famoso è certamente l’avo Niccola. Giureconsulto e letterato insigne, è stato un illustre avvocato e ha ricoperto vari gradi della magistratura del Regno, fino a diventare nel 1812 avvocato generale della Corte di cassazione, poi Corte suprema di giustizia, della quale, dopo alterne vicende, fu nominato nel 1854 primo presidente. Chiamato nel 1815 alla commissione di riforma della legislazione penale; fu lui, in buona sostanza, a redigere i codici penale e di procedura penale del 1819, discipline che poi insegnò nell’ateneo di Napoli dal 1831, mentre tra il 1841 e il 1848 fu anche ministro senza portafoglio. La sua opera principale è stata certamente Della procedura penale del Regno delle due Sicilie (1828-32) e le sue carte esemplificano proprio l’attività di avvocato, magistrato, giurista e riformatore, ma anche di letterato e compositore di epigrammi e sonetti; infine, grazie al suo carteggio si conserva il documento originale più antico di tutto l’archivio, una lettera del 1795.
Bibliografia: su Fausto Nicolini cf. principalmente i suoi Ricordi autobiografici, «Atti dell’Accademia pontaniana», n.s., V (1952-55, ma 1956), pp. 241-64; E. Croce, Ritratto di Fausto Nicolini, «Nord e Sud», n.s., IX/28 (apr. 1962), pp. 1-14; R. Mattioli, Ricordo di Fausto Nicolini, «Rivista storica italiana», 77 (1965), pp. 760, 761; G. Galasso, Ricordo di Fausto Nicolini, «Archivio storico per le province napoletane», LXXXIII (1966), pp. 485-502; G. Cassandro, Ricordo di Fausto Nicolini, «Bollettino dell’Archivio storico del Banco di Napoli», 21 (1966), pp. 1-7; P. Piovani, Elogio di Fausto Nicolini, Napoli 1967; A. Saladino, Ricordo di Fausto Nicolini, «Rassegna degli Archivi di Stato», XXVII (1967), pp. 552-68; N. Nicolini, Il «repertorio» di Fausto Nicolini, «Atti dell’Accademia di scienze morali e politiche della Società nazionale di scienze, lettere ed arti in Napoli», LXXIX (1968), pp. 627-31; B. Nicolini, Introduzione, in F. Nicolini, Scritti di archivistica e ricerca storica, a c. di Id., Roma 1971, pp. vii-xix; Omaggio a Fausto Nicolini, a c. di Id., Bologna 1972; Id., Gli scritti galianei di Fausto Nicolini, in Convegno italo-francese sul tema «Ferdinando Galiani» (Roma, 25-27 maggio 1972), Roma 1975; Id., In casa Nicolini e in casa Croce, Napoli 1983; L. Esposito, Bibliografia di Fausto Nicolini, Napoli 2006; Bibliografia degli scritti di Fausto Nicolini, a c. di F. Lomonaco, Napoli 2013; Id., L’erudizione etico-politica di Fausto Nicolini, Milano, Udine 2013. Su Nicola Nicolini cf. F. Tessitore, Ricordo di Nicola Nicolini, «Atti dell’Accademia pontaniana», n.s., XXV (1976), pp. 227-42; B. Nicolini, Mio fratello Nicola, Napoli 1986. Su Benedetto Nicolini cf. Le cinquecentine della raccolta di Benedetto Nicolini, a c. di M.R. Romano Vicenzo, Napoli 2013; M. Camaioni, Benedetto Nicolini (1910-1987), ibid., pp. xv-xx; Id., Bibliografia di Benedetto Nicolini, ibid., pp. xxi-xxvi. Su Niccola Nicolini cf. Niccola Nicolini e gli studii giuridici nella prima metà del secolo XIX, a c. di F. Nicolini, Napoli 1907, un’opera che ha aperto la riflessione sul vichismo giuridico meridionale; più di recente cf. F. Mastroberti, Codificazione e giustizia penale nelle Sicilie dal 1808 al 1820, Napoli 2001; Id., Tra scienza e arbitrio. Il problema giudiziario e penale nelle Sicilie dal 1821 al 1848, Bari 2005; M. Astarita, Nicola Nicolini e la riforma della procedura penale nel Regno delle Due Sicilie, Salerno 2009; F. Mastroberti, Nicolini, Niccola, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 78, Roma 2013, pp. 492-95.